Azione di indebito arricchimento verso la Pubblica Amministrazione: non occorre il riconoscimento dell'utilitas

Published On: 12 Ottobre 2018Categories: Diritto civile, Pubblica Amministrazione, Tutele, Varie

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza numero 16793 del 26 giugno 2018, si è pronunciata favorevolmente sul ricorso promosso da un Avvocato avverso la sentenza di numero 62 del 2015, con cui la Corte d’Appello di Cagliari aveva ritenuto non fondata l’azione di indebito arricchimento proposta ai sensi dell’articolo 2041 del codice civile, dal medesimo Avvocato nei confronti dell’Amministrazione Comunale, per il mancato pagamento delle competenze dovute in relazione ad un incarico che gli era stato dapprima affidato e poi revocato dal medesimo Comune.
In particolare la Corte d’Appello, aveva ritenuto che, in presenza di revoca dell’incarico, mancasse nella fattispecie il riconoscimento dell’utilitas per l’amministrazione, quale requisito necessario dell’azione di indebito riconoscimento.
La Suprema Corte, nel riformare la sentenza impugnata, ha ritenuto di dover dare continuità al proprio consolidato orientamento (cfr. Sezioni Unite numero 10798/2015), secondo cui il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento in quanto il depauperato ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso (così come già autorevolmente stabilito con la sentenza numero 15937 del 27/6/2017, con la quale era stato precisato che “..il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicché il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c., nei confronti della P.A. ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso; tuttavia, le esigenze di tutela delle finanze pubbliche e la considerazione delle dimensioni e della complessità dell’articolazione interna della P.A. trovano adeguata tutela nel principio di diritto comune del cd. “arricchimento imposto”, potendo, invece, l’Amministrazione eccepire e provare che l’indennizzo non è dovuto laddove l’arricchito ha rifiutato l’arricchimento ovvero non ha potuto rifiutarlo perché inconsapevole dell’eventum utilitatis..”).
In aggiunta, il Supremo Consesso, ha altresì precisato che l’utilitas:
– può consistere anche in un risparmio di spesa da parte della P.A. (cfr. Cass., n. 9141 del 21/4/2011, per cui “..a fronte di un’utilizzazione non attuata direttamente dagli organi rappresentativi dell’ente, ma da questi sostanzialmente assentita, il giudice può ritenere riconosciuta, di fatto, l’utilità dell’opera o della prestazione, conseguentemente formulando, in via sostitutiva, il relativo giudizio, con adeguata e congrua motivazione..”);
– può avere natura atipica (cfr. Cass., n. 12608 del 19/5/2017 e n. 16820 del 5/7/2013, secondo cui: “..ai fini dell'”utile versum” dell’azione di arricchimento senza causa, proposta ai sensi dell’art. 2041 c.c., nei confronti della P.A., non rileva l’utilità che l’ente confidava di realizzare, bensì quella che ha in effetti conseguito e che, quando la prestazione eseguita in suo favore sia di carattere professionale, quale la redazione del progetto di un’opera pubblica, può consistere anche nell’avere evitato un esborso o una diversa diminuzione patrimoniale cui, invece, sarebbe stato necessario far fronte ove fosse mancata la possibilità di disporre del risultato della prestazione medesima”).
In conclusione pertanto, risulta ormai consolidato il principio di diritto per cui: “il riconoscimento dell’utilitas da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, pertanto il depauperato che agisce nei confronti della P.A., ex art. 2041 c.c., ha il solo obbligo di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’Amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo essa piuttosto eccepire e dimostrare che l’arricchimento non fu voluto e non fu consapevole “.

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Azione di indebito arricchimento verso la Pubblica Amministrazione: non occorre il riconoscimento dell'utilitas

Published On: 12 Ottobre 2018

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza numero 16793 del 26 giugno 2018, si è pronunciata favorevolmente sul ricorso promosso da un Avvocato avverso la sentenza di numero 62 del 2015, con cui la Corte d’Appello di Cagliari aveva ritenuto non fondata l’azione di indebito arricchimento proposta ai sensi dell’articolo 2041 del codice civile, dal medesimo Avvocato nei confronti dell’Amministrazione Comunale, per il mancato pagamento delle competenze dovute in relazione ad un incarico che gli era stato dapprima affidato e poi revocato dal medesimo Comune.
In particolare la Corte d’Appello, aveva ritenuto che, in presenza di revoca dell’incarico, mancasse nella fattispecie il riconoscimento dell’utilitas per l’amministrazione, quale requisito necessario dell’azione di indebito riconoscimento.
La Suprema Corte, nel riformare la sentenza impugnata, ha ritenuto di dover dare continuità al proprio consolidato orientamento (cfr. Sezioni Unite numero 10798/2015), secondo cui il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento in quanto il depauperato ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso (così come già autorevolmente stabilito con la sentenza numero 15937 del 27/6/2017, con la quale era stato precisato che “..il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicché il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c., nei confronti della P.A. ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso; tuttavia, le esigenze di tutela delle finanze pubbliche e la considerazione delle dimensioni e della complessità dell’articolazione interna della P.A. trovano adeguata tutela nel principio di diritto comune del cd. “arricchimento imposto”, potendo, invece, l’Amministrazione eccepire e provare che l’indennizzo non è dovuto laddove l’arricchito ha rifiutato l’arricchimento ovvero non ha potuto rifiutarlo perché inconsapevole dell’eventum utilitatis..”).
In aggiunta, il Supremo Consesso, ha altresì precisato che l’utilitas:
– può consistere anche in un risparmio di spesa da parte della P.A. (cfr. Cass., n. 9141 del 21/4/2011, per cui “..a fronte di un’utilizzazione non attuata direttamente dagli organi rappresentativi dell’ente, ma da questi sostanzialmente assentita, il giudice può ritenere riconosciuta, di fatto, l’utilità dell’opera o della prestazione, conseguentemente formulando, in via sostitutiva, il relativo giudizio, con adeguata e congrua motivazione..”);
– può avere natura atipica (cfr. Cass., n. 12608 del 19/5/2017 e n. 16820 del 5/7/2013, secondo cui: “..ai fini dell'”utile versum” dell’azione di arricchimento senza causa, proposta ai sensi dell’art. 2041 c.c., nei confronti della P.A., non rileva l’utilità che l’ente confidava di realizzare, bensì quella che ha in effetti conseguito e che, quando la prestazione eseguita in suo favore sia di carattere professionale, quale la redazione del progetto di un’opera pubblica, può consistere anche nell’avere evitato un esborso o una diversa diminuzione patrimoniale cui, invece, sarebbe stato necessario far fronte ove fosse mancata la possibilità di disporre del risultato della prestazione medesima”).
In conclusione pertanto, risulta ormai consolidato il principio di diritto per cui: “il riconoscimento dell’utilitas da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, pertanto il depauperato che agisce nei confronti della P.A., ex art. 2041 c.c., ha il solo obbligo di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’Amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo essa piuttosto eccepire e dimostrare che l’arricchimento non fu voluto e non fu consapevole “.

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