Cancellazione dal Casellario Informatico di annotazioni su risoluzioni dei contratti di appalto in caso di accordi transattivi

Published On: 20 Novembre 2023Categories: Appalti Pubblici e Concessioni

Il TAR Lazio, con la sentenza numero 16273 del 3 novembre 2023, ha reso una pronuncia di notevole interesse in tema di permanenza e cancellazione da parte dell’Autorità Nazionale Anticorruzione delle annotazioni nel Casellario Informatico relative a risoluzioni contrattuali in materia di appalti, nel caso in cui sopraggiungano accordi transattivi.

La fattispecie da cui è scaturito il contenzioso

La fattispecie esaminata dalla decisione in commento è stata originata da una determinazione assunta da un Comune, di risoluzione in danno d’un precedente contratto d’appalto, per gravi inadempienze, negligenza e ritardo dell’Appaltatore nell’esecuzione dei lavori rispetto agli obblighi e alle condizioni contrattuali ai sensi dell’art. 108, comma 4, d.lgs. n. 50/2016.

Conseguentemente a una comunicazione della Stazione Appaltante circa la predetta risoluzione, l’ANAC ha provveduto ad avviare il procedimento di annotazione nel Casellario Informatico (ai sensi dell’art. 213, comma 10, del d.lgs. 50/2016 e dell’art. 8, comma 2, lett a), del Regolamento ANAC per la tenuta del suddetto Casellario) e, all’esito dell’istruttoria, ha comunicato all’Operatore Economico l’inserimento dell’annotazione relativa alla risoluzione contrattuale disposta dal Comune.

L’ANAC, quindi, a seguito di apposita istanza inviata dalla Società, ha successivamente disposto l’integrazione dell’annotazione con riferimento al giudizio promosso innanzi al Tribunale Ordinario per la risoluzione del contratto in oggetto a causa di grave inadempimento della Stazione Appaltante.

Qualche mese dopo, le parti sono addivenute a transazione, stipulando un accordo che in particolare prevedeva e disponeva:

a) la rinuncia dell’Operatore Economico a tutte le pretese avanzate, nell’azione già promossa innanzi all’Autorità Giudiziaria Ordinaria, avverso il provvedimento di risoluzione con l’impegno di corrispondere alla Stazione Appaltante un importo a titolo di maggiori somme versate dal Comune in relazione allo stato di avanzamento lavori;

b) la rivalutazione da parte della Stazione Appaltante del “proprio giudizio di inaffidabilità nei confronti della ditta appaltatrice” (cioè, il suo “ritiro” “ai fini del conseguenti effetti di legge”), nonché la rinuncia all’escussione delle polizze fideiussorie prestate dalla Società Appaltatrice in ragione della medesima risoluzione;

c) la rinuncia tombale – di entrambe le parti – “a ogni ulteriore pretesa derivante o comunque connessa al rapporto contrattuale intercorso e alla sua risoluzione”.

A corredo di tali disposizioni, è stata predisposta una comunicazione inviata dalla Società Appaltatrice, e controfirmata dalla Stazione Appaltante, con cui veniva richiesta – ai sensi dell’art. 38 del Regolamento ANAC in materia – la cancellazione dell’annotazione inserita nell’area B del Casellario Informatico o, in via subordinata, lo spostamento nell’area C del medesimo.

L’ANAC, tuttavia, in riscontro alla nota ricevuta dalle parti e per l’effetto comunicato, ha ritenuto di non poter accogliere la richiesta di cancellazione. Ciò, rilevando che “l’accordo transattivo non fa venir meno i presupposti di fatto da cui è scaturito il provvedimento della s.a., né gli stessi sono stati oggetto di pronuncia da parte del giudice o di consulenza tecnico” e che “non è possibile dare atto del ritiro del giudizio di inaffidabilità da parte della s.a. posto che, una volta disposta dall’Autorità l’iscrizione della notizia nel Casellario Informatico, il giudizio sull’affidabilità dell’operatore compete alle stazioni appaltanti che sono chiamate a consultarlo per le valutazioni di loro competenza ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c)”. Col che, l’ANAC si è nella specie limitata a disporre una semplice integrazione dell’annotazione già inserita nel Casellario, così dando atto del fatto che “la stazione appaltante e l’operatore economico hanno raggiunto un accordo transattivo” a definizione dell’azione civile intrapresa dalla Società Appaltatrice avverso la risoluzione contrattuale disposta in suo danno.

Il giudizio promosso dinanzi al TAR Lazio e le ragioni di censura

Con ricorso promosso davanti al Tar Lazio, la Società Appaltatrice ha impugnato il riscontro di ANAC, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare, sulla scorta di due motivi in diritto.

Con il primo motivo la società ricorrente ha lamentato l’illegittimità dell’atto gravato per violazione dell’art. 38 del Regolamento ANAC per la gestione del Casellario Informatico; il difetto di istruttoria e di motivazione; l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, contraddittorietà e illogicità in relazione al diniego di cancellazione e trasferimento.

Il tutto, rilevando come le parti fossero già addivenute alla conclusione di un accordo transattivo a tacitazione di ogni pretesa reciproca, previo ritiro da parte dell’Ente del suo giudizio di inaffidabilità sull’operatore economico, “condizione sufficiente per l’applicazione dell’articolo 38 del Regolamento nella parte in cui consente [in caso di transazione sopravvenuta] la cancellazione dall’area B e il trasferimento dell’annotazione nell’area C del Casellario”.

Con il secondo motivo, la società ricorrente ha contestato l’atto gravato rilevando come “l’annotazione disposta da ANAC era incompleta in quanto non evidenziava espressamente «la notizia assai rilevante del ritiro del giudizio di inaffidabilità da parte del Comune…»”.

Le difese dell’Autorità resistente

Costituita in giudizio, l’Autorità resistente ha sottolineato come:

  • “la determina risolutoria non è stata … coinvolta dalla definizione agevolata della controversia, che ha interessato esclusivamente la fase giudiziale in seguito instaurata”;
  • alcuni precedenti avevano già affermato “il dovere degli o.e. di dichiarare in sede di gara le risoluzioni contrattuali composte mediante transazioni (Consiglio di Stato, IV, 1 luglio 2020 n. 4227 e, III, 13 giugno 2018, n. 3628)”;
  • la disciplina di riferimento (articolo 38 del Regolamento sulla gestione del Casellario) “prevede la facoltà e non l’obbligo per ANAC di disporre il trasferimento nella c.d. sezione c) del Casellario delle annotazioni delle risoluzioni contrattuali anticipate a seguito della stipula di atti transattivi, dovendosi tener conto dell’effettivo contenuto della transazione e della utilità dell’annotazione per le altre stazioni appaltanti”.

La decisione del TAR Lazio in fase cautelare e di merito 

Il TAR Lazio – dopo aver ritenuto sussistenti i presupposti per l’accoglimento della domanda cautelare, accordando con ordinanza numero 7051 del 17 novembre 2022 la sospensione degli atti impugnati, con l’oscuramento dell’annotazione – con la decisione in commento ha accolto il ricorso dell’operatore economico, ritenendolo nel merito fondato.

Il Collegio, in particolare, ha anzitutto rilevato che “l’art. 38, comma 6, del Regolamento per la gestione del Casellario Informatico applicabile ratione temporis (ovvero quello di cui alla delibera ANAC 2 ottobre 2019, n. 861, modificato in data 29 settembre 2020) prevedeva che «il dirigente, su istanza motivata dell’operatore economico annotato nella sezione ‘A’ o ‘B’ del Casellario, seguendo l’ordine cronologico di acquisizione delle istanze, può disporre il trasferimento dell’annotazione nella sezione ‘C’ del Casellario … qualora sia intervenuto un provvedimento di annullamento o di revoca della segnalazione o del provvedimento dell’Autorità ovvero a seguito della stipula di atti transattivi in caso di risoluzioni contrattuali»”, ritenendo in tal modo il primo motivo di ricorso fondato.

Con ciò, ha osservato che da tale disposizione non discende, tuttavia, alcun dovere in capo ad ANAC di provvedere nel senso appena accennato, dovendo “l’Autorità – al contrario – tener conto del concreto contenuto della transazione al fine di valutare la permanenza o meno dell’utilità dell’annotazione per le finalità proprie del Casellario”; spiegando, altresì, che – in coerenza alla giurisprudenza già intervenuta sul punto – dopo aver acquisito “la notizia dell’intervenuta transazione, l’ANAC ha il dovere di valutare se … l’annotazione sia ancora utile al fine di fornire indicazioni alle stazioni appaltanti sull’affidabilità e l’integrità dell’operatore economico, provvedendo alla sua cancellazione dall’area B solo ove l’accordo transattivo – per il suo concreto contenuto – travolga e superi il fatto storico della risoluzione per grave inadempimento”.

Ciò avviene diversamente dalle fattispecie in cui l’accordo transattivo sopravvenuto riconosca che l’impresa interessata si sia assunta la responsabilità dell’inadempimento contrattuale (cfr. spec. Consiglio di Stato, III, n. 3628/2018) o comunque sia idoneo a confermare il fatto storico della risoluzione per grave inadempimento. Casi, in cui risulta pacifico l’orientamento giurisprudenziale a mente del quale “deve essere dichiarata in sede di partecipazione, potendo rilevare potenzialmente come grave illecito professionale, la risoluzione di un contratto d’appalto seppur poi si è giunti a transazione, non potendo il concorrente dichiarante omettere di rendere la dichiarazione facendo riferimento ad una propria valutazione di non gravità della vicenda» (cfr. Consiglio di Stato, III, 13 giugno 2018, n. 3628, V, 5 marzo 2020, n. 1605, nonché IV, 1 luglio 2020, n. 4227)”.

Contrariamente, invece, in presenza di risoluzioni per grave inadempimento ove le parti abbiano concordato in ordine alla risoluzione consensuale – con reciproca rinuncia alle rispettive pretese – la giurisprudenza ha ritenuto che la risoluzione oggetto di transazione “non potrebbe neppure astrattamente ritenersi indice di un grave illecito professionale (cfr. Consiglio di Stato, III, 22 dicembre 2020, n. 8236)”.

In conclusione, il Giudice Amministrativo ha evidenziato che “l’art. 38, comma 6, del citato Regolamento ANAC – in coerenza con il quadro giurisprudenziale sopra individuato – impone all’Autorità di provvedere al trasferimento dell’area C delle annotazioni relative a risoluzioni contrattuali rispetto alle quali è intervenuta una transazione solo quando l’accordo transattivo sia idoneo, per il suo concreto contenuto, a travolgere la risoluzione per grave inadempimento ponendo nel nulla la risoluzione o escludendo l’addebitabilità della stessa all’Operatore economico.

Pertanto, nel caso a mani, il Collegio ha ritenuto che l’Autorità, alla luce del già citato contenuto dell’accordo transattivo, non avesse “valutato correttamente il contenuto” dello stesso, i cui elementi, insieme all’iter logico-giuridico illustrato, conducono, invece, a ritenere che “con l’accordo in questione le parti abbiano concordato, in sostanza, una riqualificazione della risoluzione come meramente consensuale”.

In ultimo, il Collegio ha precisato che:

  • le affermazioni della Stazione Appaltante, contenute nell’atto transattivo – in ordine alla rivalutazione del “proprio giudizio di inaffidabilità nei confronti della ditta appaltatrice” – devono essere considerate anche in una dimensione retrospettiva, ossia come “inequivoco ritiro del giudizio di inaffidabilità ex se connesso alla risoluzione in danno ex art. 108, comma 4, d.lgs. n. 50/2016 (che presuppone la negligenza dell’operatore economico) implicante un’effettiva riconsiderazione dei fatti da parte della stazione appaltante e un riconoscimento della non addebitabilità della risoluzione a un fatto dell’impresa …”;
  • la rinuncia di entrambe le parti alle rispettive pretese non può che essere intesa come “rinuncia delle parti ad addebitare l’uno alle condotte dell’altro la mancata prosecuzione del rapporto”;
  • le parti avevano già concordato – nel giudizio ordinario – che l’accordo avrebbe sostanzialmente superato e sostituito il provvedimento di risoluzione disposto ai sensi dell’art. 108, comma 4, d.lgs. n. 50/2016”.

Per il Collegio decidente, dunque, tale accordo risultava certamente idoneo a travolgere il fatto storico della risoluzione per inadempimento, apparendo del tutto inutile la persistenza dell’annotazione nell’area B nel Casellario.

Da ciò dunque è conseguita la dichiarazione di illegittimità del provvedimento gravato e il suo annullamento in sede giurisdizionale.

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Cancellazione dal Casellario Informatico di annotazioni su risoluzioni dei contratti di appalto in caso di accordi transattivi

Published On: 20 Novembre 2023

Il TAR Lazio, con la sentenza numero 16273 del 3 novembre 2023, ha reso una pronuncia di notevole interesse in tema di permanenza e cancellazione da parte dell’Autorità Nazionale Anticorruzione delle annotazioni nel Casellario Informatico relative a risoluzioni contrattuali in materia di appalti, nel caso in cui sopraggiungano accordi transattivi.

La fattispecie da cui è scaturito il contenzioso

La fattispecie esaminata dalla decisione in commento è stata originata da una determinazione assunta da un Comune, di risoluzione in danno d’un precedente contratto d’appalto, per gravi inadempienze, negligenza e ritardo dell’Appaltatore nell’esecuzione dei lavori rispetto agli obblighi e alle condizioni contrattuali ai sensi dell’art. 108, comma 4, d.lgs. n. 50/2016.

Conseguentemente a una comunicazione della Stazione Appaltante circa la predetta risoluzione, l’ANAC ha provveduto ad avviare il procedimento di annotazione nel Casellario Informatico (ai sensi dell’art. 213, comma 10, del d.lgs. 50/2016 e dell’art. 8, comma 2, lett a), del Regolamento ANAC per la tenuta del suddetto Casellario) e, all’esito dell’istruttoria, ha comunicato all’Operatore Economico l’inserimento dell’annotazione relativa alla risoluzione contrattuale disposta dal Comune.

L’ANAC, quindi, a seguito di apposita istanza inviata dalla Società, ha successivamente disposto l’integrazione dell’annotazione con riferimento al giudizio promosso innanzi al Tribunale Ordinario per la risoluzione del contratto in oggetto a causa di grave inadempimento della Stazione Appaltante.

Qualche mese dopo, le parti sono addivenute a transazione, stipulando un accordo che in particolare prevedeva e disponeva:

a) la rinuncia dell’Operatore Economico a tutte le pretese avanzate, nell’azione già promossa innanzi all’Autorità Giudiziaria Ordinaria, avverso il provvedimento di risoluzione con l’impegno di corrispondere alla Stazione Appaltante un importo a titolo di maggiori somme versate dal Comune in relazione allo stato di avanzamento lavori;

b) la rivalutazione da parte della Stazione Appaltante del “proprio giudizio di inaffidabilità nei confronti della ditta appaltatrice” (cioè, il suo “ritiro” “ai fini del conseguenti effetti di legge”), nonché la rinuncia all’escussione delle polizze fideiussorie prestate dalla Società Appaltatrice in ragione della medesima risoluzione;

c) la rinuncia tombale – di entrambe le parti – “a ogni ulteriore pretesa derivante o comunque connessa al rapporto contrattuale intercorso e alla sua risoluzione”.

A corredo di tali disposizioni, è stata predisposta una comunicazione inviata dalla Società Appaltatrice, e controfirmata dalla Stazione Appaltante, con cui veniva richiesta – ai sensi dell’art. 38 del Regolamento ANAC in materia – la cancellazione dell’annotazione inserita nell’area B del Casellario Informatico o, in via subordinata, lo spostamento nell’area C del medesimo.

L’ANAC, tuttavia, in riscontro alla nota ricevuta dalle parti e per l’effetto comunicato, ha ritenuto di non poter accogliere la richiesta di cancellazione. Ciò, rilevando che “l’accordo transattivo non fa venir meno i presupposti di fatto da cui è scaturito il provvedimento della s.a., né gli stessi sono stati oggetto di pronuncia da parte del giudice o di consulenza tecnico” e che “non è possibile dare atto del ritiro del giudizio di inaffidabilità da parte della s.a. posto che, una volta disposta dall’Autorità l’iscrizione della notizia nel Casellario Informatico, il giudizio sull’affidabilità dell’operatore compete alle stazioni appaltanti che sono chiamate a consultarlo per le valutazioni di loro competenza ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c)”. Col che, l’ANAC si è nella specie limitata a disporre una semplice integrazione dell’annotazione già inserita nel Casellario, così dando atto del fatto che “la stazione appaltante e l’operatore economico hanno raggiunto un accordo transattivo” a definizione dell’azione civile intrapresa dalla Società Appaltatrice avverso la risoluzione contrattuale disposta in suo danno.

Il giudizio promosso dinanzi al TAR Lazio e le ragioni di censura

Con ricorso promosso davanti al Tar Lazio, la Società Appaltatrice ha impugnato il riscontro di ANAC, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare, sulla scorta di due motivi in diritto.

Con il primo motivo la società ricorrente ha lamentato l’illegittimità dell’atto gravato per violazione dell’art. 38 del Regolamento ANAC per la gestione del Casellario Informatico; il difetto di istruttoria e di motivazione; l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, contraddittorietà e illogicità in relazione al diniego di cancellazione e trasferimento.

Il tutto, rilevando come le parti fossero già addivenute alla conclusione di un accordo transattivo a tacitazione di ogni pretesa reciproca, previo ritiro da parte dell’Ente del suo giudizio di inaffidabilità sull’operatore economico, “condizione sufficiente per l’applicazione dell’articolo 38 del Regolamento nella parte in cui consente [in caso di transazione sopravvenuta] la cancellazione dall’area B e il trasferimento dell’annotazione nell’area C del Casellario”.

Con il secondo motivo, la società ricorrente ha contestato l’atto gravato rilevando come “l’annotazione disposta da ANAC era incompleta in quanto non evidenziava espressamente «la notizia assai rilevante del ritiro del giudizio di inaffidabilità da parte del Comune…»”.

Le difese dell’Autorità resistente

Costituita in giudizio, l’Autorità resistente ha sottolineato come:

  • “la determina risolutoria non è stata … coinvolta dalla definizione agevolata della controversia, che ha interessato esclusivamente la fase giudiziale in seguito instaurata”;
  • alcuni precedenti avevano già affermato “il dovere degli o.e. di dichiarare in sede di gara le risoluzioni contrattuali composte mediante transazioni (Consiglio di Stato, IV, 1 luglio 2020 n. 4227 e, III, 13 giugno 2018, n. 3628)”;
  • la disciplina di riferimento (articolo 38 del Regolamento sulla gestione del Casellario) “prevede la facoltà e non l’obbligo per ANAC di disporre il trasferimento nella c.d. sezione c) del Casellario delle annotazioni delle risoluzioni contrattuali anticipate a seguito della stipula di atti transattivi, dovendosi tener conto dell’effettivo contenuto della transazione e della utilità dell’annotazione per le altre stazioni appaltanti”.

La decisione del TAR Lazio in fase cautelare e di merito 

Il TAR Lazio – dopo aver ritenuto sussistenti i presupposti per l’accoglimento della domanda cautelare, accordando con ordinanza numero 7051 del 17 novembre 2022 la sospensione degli atti impugnati, con l’oscuramento dell’annotazione – con la decisione in commento ha accolto il ricorso dell’operatore economico, ritenendolo nel merito fondato.

Il Collegio, in particolare, ha anzitutto rilevato che “l’art. 38, comma 6, del Regolamento per la gestione del Casellario Informatico applicabile ratione temporis (ovvero quello di cui alla delibera ANAC 2 ottobre 2019, n. 861, modificato in data 29 settembre 2020) prevedeva che «il dirigente, su istanza motivata dell’operatore economico annotato nella sezione ‘A’ o ‘B’ del Casellario, seguendo l’ordine cronologico di acquisizione delle istanze, può disporre il trasferimento dell’annotazione nella sezione ‘C’ del Casellario … qualora sia intervenuto un provvedimento di annullamento o di revoca della segnalazione o del provvedimento dell’Autorità ovvero a seguito della stipula di atti transattivi in caso di risoluzioni contrattuali»”, ritenendo in tal modo il primo motivo di ricorso fondato.

Con ciò, ha osservato che da tale disposizione non discende, tuttavia, alcun dovere in capo ad ANAC di provvedere nel senso appena accennato, dovendo “l’Autorità – al contrario – tener conto del concreto contenuto della transazione al fine di valutare la permanenza o meno dell’utilità dell’annotazione per le finalità proprie del Casellario”; spiegando, altresì, che – in coerenza alla giurisprudenza già intervenuta sul punto – dopo aver acquisito “la notizia dell’intervenuta transazione, l’ANAC ha il dovere di valutare se … l’annotazione sia ancora utile al fine di fornire indicazioni alle stazioni appaltanti sull’affidabilità e l’integrità dell’operatore economico, provvedendo alla sua cancellazione dall’area B solo ove l’accordo transattivo – per il suo concreto contenuto – travolga e superi il fatto storico della risoluzione per grave inadempimento”.

Ciò avviene diversamente dalle fattispecie in cui l’accordo transattivo sopravvenuto riconosca che l’impresa interessata si sia assunta la responsabilità dell’inadempimento contrattuale (cfr. spec. Consiglio di Stato, III, n. 3628/2018) o comunque sia idoneo a confermare il fatto storico della risoluzione per grave inadempimento. Casi, in cui risulta pacifico l’orientamento giurisprudenziale a mente del quale “deve essere dichiarata in sede di partecipazione, potendo rilevare potenzialmente come grave illecito professionale, la risoluzione di un contratto d’appalto seppur poi si è giunti a transazione, non potendo il concorrente dichiarante omettere di rendere la dichiarazione facendo riferimento ad una propria valutazione di non gravità della vicenda» (cfr. Consiglio di Stato, III, 13 giugno 2018, n. 3628, V, 5 marzo 2020, n. 1605, nonché IV, 1 luglio 2020, n. 4227)”.

Contrariamente, invece, in presenza di risoluzioni per grave inadempimento ove le parti abbiano concordato in ordine alla risoluzione consensuale – con reciproca rinuncia alle rispettive pretese – la giurisprudenza ha ritenuto che la risoluzione oggetto di transazione “non potrebbe neppure astrattamente ritenersi indice di un grave illecito professionale (cfr. Consiglio di Stato, III, 22 dicembre 2020, n. 8236)”.

In conclusione, il Giudice Amministrativo ha evidenziato che “l’art. 38, comma 6, del citato Regolamento ANAC – in coerenza con il quadro giurisprudenziale sopra individuato – impone all’Autorità di provvedere al trasferimento dell’area C delle annotazioni relative a risoluzioni contrattuali rispetto alle quali è intervenuta una transazione solo quando l’accordo transattivo sia idoneo, per il suo concreto contenuto, a travolgere la risoluzione per grave inadempimento ponendo nel nulla la risoluzione o escludendo l’addebitabilità della stessa all’Operatore economico.

Pertanto, nel caso a mani, il Collegio ha ritenuto che l’Autorità, alla luce del già citato contenuto dell’accordo transattivo, non avesse “valutato correttamente il contenuto” dello stesso, i cui elementi, insieme all’iter logico-giuridico illustrato, conducono, invece, a ritenere che “con l’accordo in questione le parti abbiano concordato, in sostanza, una riqualificazione della risoluzione come meramente consensuale”.

In ultimo, il Collegio ha precisato che:

  • le affermazioni della Stazione Appaltante, contenute nell’atto transattivo – in ordine alla rivalutazione del “proprio giudizio di inaffidabilità nei confronti della ditta appaltatrice” – devono essere considerate anche in una dimensione retrospettiva, ossia come “inequivoco ritiro del giudizio di inaffidabilità ex se connesso alla risoluzione in danno ex art. 108, comma 4, d.lgs. n. 50/2016 (che presuppone la negligenza dell’operatore economico) implicante un’effettiva riconsiderazione dei fatti da parte della stazione appaltante e un riconoscimento della non addebitabilità della risoluzione a un fatto dell’impresa …”;
  • la rinuncia di entrambe le parti alle rispettive pretese non può che essere intesa come “rinuncia delle parti ad addebitare l’uno alle condotte dell’altro la mancata prosecuzione del rapporto”;
  • le parti avevano già concordato – nel giudizio ordinario – che l’accordo avrebbe sostanzialmente superato e sostituito il provvedimento di risoluzione disposto ai sensi dell’art. 108, comma 4, d.lgs. n. 50/2016”.

Per il Collegio decidente, dunque, tale accordo risultava certamente idoneo a travolgere il fatto storico della risoluzione per inadempimento, apparendo del tutto inutile la persistenza dell’annotazione nell’area B nel Casellario.

Da ciò dunque è conseguita la dichiarazione di illegittimità del provvedimento gravato e il suo annullamento in sede giurisdizionale.

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