Gravi illeciti professionali della cedente di ramo d'azienda
Il trasferimento del ramo d’azienda, oltre a determinare la cessione in favore della concorrente-cessionaria dei requisiti di capacità (contratti analoghi e fatturato specifico) in base a quali la stessa ha potuto qualificarsi ai fini della partecipazione alla gara, determina il trasferimento altresì degli eventuali illeciti professionali comunque riferibili al medesimo complesso aziendale ceduto e i relativi obblighi dichiarativi.
Con conseguente configurabilità delle cause di esclusione previste dall’art. 80, comma 5, lettera c) (gravi illeciti professionali), nella sua versione anteriore alle modifiche apportate col D.L. 135/2018 (convertito con legge 12/2019) e lettera f-bis (falsa dichiarazione) a carico della concorrente-cessionaria che abbia partecipato omettendo di riferire d’una pregressa risoluzione per inadempimento disposta in danno della cedente.
Così si è da ultimo espressa la Terza Sezione del Consiglio di Stato con la decisione del 22.05.2019 n. 3331, di cui abbiamo peraltro dato già notizia QUI, in relazione ad altro interessante principio di diritto in essa affermato.
Con la medesima decisione, infatti, la Terza Sezione ha sviscerato anche l’ulteriore interessante questione afferente la rilevanza (o meno) di pregresse risoluzioni contrattuali (contestate in giudizio) che siano state disposte in danno dell’operatore che abbia ceduto ramo d’azienda al concorrente, anche al fine di verificare se ed in che in che termini quest’ultimo sia tenuto a dichiarare siffatte situazioni in sede di gara, ai fini di cui all’art. 80, comma 5, lettera c) del decreto legislativo 50/2016.
Orbene, al riguardo, la Terza Sezione ha anzitutto ritenuto di rammentare come, già con riferimento alle disposizioni del previgente decreto legislativo 163/2006 ma con valenza di principio, era stato affermato in giurisprudenza che “..la responsabilità per fatto di soggetto giuridico terzo a cui soggiace l’affittuario (o cessionario) trova risposta nel principio ubi commoda, ibi incommoda; il cessionario, come si avvale dei requisiti del cedente sul piano della partecipazione a gare pubbliche, così risente delle conseguenze, sullo stesso piano, delle eventuali responsabilità del cedente (cfr., nel solco di Cons. Stato, A.P., n. 10/2012, TAR Lazio, III-quater, n. 6144/2018 e Cons. Stato, n. 3718/2012; vedi anche, per la sussistenza, in capo all’incorporante, degli obblighi dichiarativi e delle possibili conseguenze espulsive anche con riferimento alle società partecipanti alla fusione, Cons. Stato, VI, n. 3910/2015, n. 5500/2018)….”.
Quindi, la Sezione ha ritenuto di respingere la tesi, pur accolta in prime cure, secondo cui la pendenza del giudizio civile in cui è contestata in giudizio la precedente risoluzione a carico della cedente impediva che questa rilevasse come causa di esclusione (così, implicitamente, escludendo anche la stessa rilevanza dell’omissione dichiarativa imputata alla concorrente-cessionaria), dando invece continuità al più recente e diverso orientamento della Sezione volto ad interpretare in senso più ampio la rilevanza delle pregresse condotte dell’operatore economico (cfr. da ultimo, riassuntivamente, Cons. Stato, III, n. 7231/2018).
A tal fine, dunque, la Sezione ha in primo luogo rammentato come con l’art. 80, comma 5, lettera c), nel testo rationae temporis applicabile alla vicenda esaminata – e dunque prim’ancora delle modifiche apportate col D.L. 135/2018 (convertito con legge 12/2019) – era già stato attribuito alla stazione appaltante il potere discrezionale di valutare i “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”, rimettendole un potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un grave illecito professionale, anche oltre le ipotesi elencate nel medesimo articolo (le quali, dunque, hanno carattere esemplificativo: cfr. Cons. Stato, V, n. 1299/2018).
Pertanto, ha ancora osservato la Sezione, tale disposizione “…deve essere intesa nel senso che la pendenza del giudizio civile, avente ad oggetto la contestazione di una risoluzione contrattuale pronunciata nei confronti di un’impresa, non giustifica di per sé, l’esclusione dalla gara della medesima impresa, stante l’assenza di una pronuncia “definitiva” in merito; ma richiede comunque una valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante della gravità delle inadempienze che, pur non immediatamente riconducibili a quelle tipizzate, siano tuttavia qualificabili come “gravi illeciti professionali” e siano perciò ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l’integrità o l’affidabilità del concorrente ( cfr., altresì, Cons. Stato, III, n. 5084/2018, con riferimento a risoluzioni contrattuali dichiarate in sede di partecipazione alla gara; nel senso che il concetto di grave illecito professionale ricomprenda ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa, cfr. Cons. Stato, III, n. 4192/2017)…”.
In tal senso, d’altronde, ad avviso della Sezione depongono:
– le Linee Guida ANAC n. 6/2016, recanti “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e carenze esecutive di precedente contratto di appalto significative per l’esclusione di cui all’art. 80, co. 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016”, aggiornate con delibera dell’11 ottobre 2017, le quali al punto 4.2. prevedono “… che la dichiarazione sostitutiva delle cause di esclusione debba riguardare “tutti i provvedimenti astrattamente idonei a porre in dubbio l’integrità o affidabilità del concorrente…” ed inoltre che “…la sussistenza delle cause di esclusione in esame deve essere autocertificata dagli operatori economici mediante utilizzo del DGUE. La dichiarazione sostitutiva ha ad oggetto tutti i provvedimenti astrattamente idonei a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente, anche se non ancora inseriti nel casellario informatico. È infatti rimesso in via esclusiva alla stazione appaltante il giudizio in ordine alla rilevanza in concreto dei comportamenti accertati ai fini dell’esclusione”;
– nonché ancora il parere del Consiglio di Stato relativo all’aggiornamento delle predette linee guida ANAC (cfr. Comm. Spec. n. 2616/2018) il quale “…ha condiviso l’anticipazione della soglia di rilevanza delle risoluzioni anticipate, indicata nella soluzione proposta dall’ANAC, che ritiene sufficiente l’accertamento della risoluzione con un “provvedimento esecutivo all’esito di un giudizio”, “poiché chiarisce che gli accertamenti del grave illecito professionale, per avere effetto escludente, devono essere contenuti in provvedimenti o atti della stazione appaltante non contestati o, nel caso di contestazione in giudizio (più frequentemente dinanzi al giudice civile), che non siano stati sospesi nella loro efficacia…”, precisando altresì come tale “…soluzione rappresenta un ragionevole punto di equilibrio tra l’esigenza degli operatori economici di evitare esclusioni basate esclusivamente su atti unilaterali privi di fondamento delle stazioni appaltanti e quella delle stazioni appaltanti di non vedere sostanzialmente vanificata la causa di esclusione sulla base della sola contestazione (anch’essa non meno unilaterale e priva di fondamento) dell’operatore economico: l’uno (l’operatore economico) potrà contestare in giudizio l’accertamento dell’illecito escludente; l’altra (la stazione appaltante) non dovrà aspettare i tempi spesso non brevi della formazione di un giudicato sulla contestazione, potendo procedere esecutivamente all’esclusione sulla base anche di un primo vaglio giurisdizionale (anche solo in primo grado e anche solo in sede cautelare) che non inibisca l’esecutività del provvedimento. Ciò che è necessario e dirimente è che sia data la possibilità, da un lato, all’operatore economico diligente, che subisca un accertamento di grave illecito escludente, di adire un giudice terzo e imparziale che effettui un primo, anche minimo vaglio di legittimità e di non infondatezza dell’accertamento, e che, dall’altro lato, non si costringa l’amministrazione ad attendere i tempi lunghi del giudicato sulla contestazione, ciò che ne paralizzerebbe l’azione efficiente ed efficace, così prevenendosi anche possibili tattiche dilatorie nel processo…”;
– e del resto, l’art. 57, paragrafo 4, della direttiva 2014/24/UE, il quale “…distingue le differenti cause di esclusione di un concorrente, prevedendo autonomamente alla lettera c) l’ipotesi in cui “l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità”; distinta dalle altre ipotesi, poi trasfuse nell’art. 80 comma 5 lettera c), che sono indicate autonomamente, in particolare quella di cui alla lettera g) “se l’operatore economico ha evidenziato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di un precedente contratto di appalto pubblico, di un precedente contratto di appalto con un ente aggiudicatore o di un precedente contratto di concessione che hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni comparabili”, senza alcuna specificazione ulteriore circa la pendenza di un giudizio….”.
Così accolta e giustificata una “configurazione ampia della nozione di illeciti professionali”, caratterizzata anche dalla “anticipazione della soglia di rilevanza dei provvedimenti pronunciati in sede civile”, la Sezione ha quindi ritenuto che “…ai fini del corretto esercizio del potere discrezionale da parte della stazione appaltante sia, comunque, necessario assicurare che essa sia messa in grado di conoscere tutte le vicende relative alle imprese partecipanti, che anche solo “astrattamente” possano influire sulla “integrità professionale”…”.
“Il presupposto per l’esercizio di tale potere discrezionale” – ha ancora osservato la Sezione – è infatti e “…proprio costituito dalla completezza delle dichiarazioni degli operatori economici partecipanti alle gare, che devono, dunque dichiarare ogni episodio della vita professionale astrattamente rilevante ai fini della esclusione, pena la impossibilità per la stazione appaltante di verificare l’effettiva rilevanza di tali episodi sul piano della “integrità professionale” dell’operatore economico…”.
Derivando pertanto dalla stessa lettera c) dell’art. 80, l’obbligo in capo all’operatore economico concorrente di dichiarare tutte le situazioni e gli eventi potenzialmente rilevanti ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale di partecipazione alle procedure di valutazione comparativa concorsuale, senza che sia configurabile in capo ad esso “…alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare, sussistendo l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione, in modo da permettere alla stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le valutazioni di sua competenza (cfr. Cons. Stato, V, n. 4532/2018; n. 3592/2018; n. 6530/2018); vale a dire, non è possibile che la relativa valutazione sia eseguita, a monte, dalla concorrente la quale autonomamente giudichi irrilevanti i propri precedenti negativi, omettendo di segnalarli con la prescritta dichiarazione (cfr. Cons. Stato, V, n. 1935/2018), così da nascondere alla stazione appaltante situazioni pregiudizievoli, rendendo false o incomplete dichiarazioni al fine di evitare possibili esclusioni dalla gara (cfr. Cons. Stato, III, n. 4192/2017; n. 6787/2018); al contrario, affinché la valutazione della stazione appaltante possa essere effettiva è necessario che essa abbia a disposizioni quante più informazioni possibili, e di ciò deve farsi carico l’operatore economico, il quale se si rende mancante in tale onere può incorrere in un “grave errore professionale endoprocedurale..” (cfr. Cons. Stato, V, n. 5142/2018)…” (cfr. anche Cons. Stato, V, n. 6461/2018).
Ancora, la Sezione ha poi osservato come “…proprio, al fine di rendere effettivo il flusso di informazioni che deve pervenire alla stazione appaltante e chiarire l’autonoma rilevanza della autenticità e completezza delle dichiarazioni rese nella domanda di partecipazione, il correttivo al Codice dei contratti, d.lgs. 56/2017, ha introdotto al comma 5 dell’art. 80 la lettera f bis), per cui le stazioni appaltanti escludono l’operatore economico “che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.
Previsione normativa dalla quale “…deriva l’autonoma rilevanza, quale causa di esclusione, della omessa dichiarazione, a prescindere dalla successiva attività di valutazione della stazione appaltante…” e la quale peraltro non consente, in caso di omessa, falsa o fuorviante dichiarazione, alcuna valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, V, n. 6576/2018).
Per ciò, ad avviso della Sezione, devono ritenersi “…compresi nell’ambito dell’obbligo dichiarativo tutti gli eventi che, benché oggetto di contestazione ed ancora sub iudice, abbiano dato corso ad azioni di risoluzione contrattuale ovvero ad azioni risarcitorie ad iniziativa del committente pubblico, in ragione della commissione di gravi errori nell’esecuzione dell’attività professionale…”, e può e deve per conseguenza ravvisarsi una falsa dichiarazione, nel caso di omessa dichiarazione da parte della concorrente-cessionaria del ramo d’azienda della pregressa risoluzione disposta a carico della cedente. Con doverosa ed automatica esclusione del concorrente-cessionario dalla gara, ai sensi della citata lettera f-bis dell’art. 80, comma 5), anche “a prescindere da ogni valutazione che del suo significato concreto in termini di integrità ed affidabilità dell’operatore potesse effettuare la stazione appaltante”(ai sensi della lettera c), del medesimo comma 5 dell’art. 80).