Obblighi dichiarativi ex art. 80, comma 5, lettera c) su risoluzioni sub iudice e accordi transattivi.
Con una recente pronuncia – la numero 4266 del 12 luglio 2018 – la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha chiarito che non sussiste a carico del partecipante ad una gara d’appalto, l’obbligo di dichiarare una precedente risoluzione contrattuale oggetto di contenzioso pendente davanti al giudice civile, a nulla rilevando una sentenza definitiva di improcedibilità per carenza di interesse nel parallelo contenzioso amministrativo.
Non sussiste inoltre obbligo dichiarativo ai sensi dell’articolo 80, comma 5, lettera c) del Decreto legislativo numero 50 del 2016 a carico del partecipante, nemmeno in relazione all’accordo transattivo intervenuto con una stazione appaltante, al quale non può attribuirsi valore di condanna al risarcimento del danno o di altre sanzioni in ragione del suo carattere meramente patrimoniale.
Nella fattispecie, la mandataria di un R.T.I. partecipante ad una gara per l’affidamento del servizio temporaneo di vigilanza presso immobili di proprietà dell’Azienda Sanitaria locale, aveva impugnato innanzi al T.A.R. della Basilicata la delibera di ammissione alla procedura di affidamento di un’altra società partecipante, lamentando l’omessa comunicazione da parte di questa di due precedenti risoluzioni contrattuali per inadempimento accertate con sentenza del Consiglio di Stato, di altra risoluzione contrattuale nei confronti di una società da poco acquisita da quella di cui si censurava l’ammissione, richiamata da una pronuncia del T.A.R. della Puglia, nonché l’omessa valutazione di un accordo transattivo intercorso tra detta società e altra stazione appaltante.
Il T.A.R. della Basilicata aveva annullato l’ammissione, accogliendo solo una delle censure proposte dalla ricorrente, in specie quella relativa all’omessa comunicazione della terza risoluzione contrattuale, poiché rimasta accertata dalla sentenza di improcedibilità pronunciata dal Consiglio di Stato nel giudizio di appello avverso la sentenza di prime cure che dichiarava legittima l’esclusione da una gara fondata su detta risoluzione.
La società esclusa dalla gara interponeva appello avverso la sentenza del T.A.R. Basilicata, deducendone la erroneità nella parte in cui aveva ritenuto sussistente l’obbligo dichiarativo in relazione a una risoluzione contrattuale coperta da sentenza di improcedibilità; la ricorrente parzialmente vittoriosa in primo grado, dal canto suo, proponeva appello incidentale, censurando la sentenza per il mancato accoglimento delle ulteriori doglianze svolte in primo grado (ed in particolare quella sull’obbligo di dichiarare l’esistenza di accordi transattivi con la Pubblica Amministrazione).
Il Consiglio di Stato, definendo la controversia, ha annullato la sentenza impugnata ritenendo anzitutto erronea la statuizione relativa alla violazione dell’obbligo di dichiarare la precedente risoluzione coperta da pronuncia di improcedibilità.
In particolare – richiamando la recente sentenza numero 2063 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, riguardante analoga questione – i Giudici di Palazzo Spada hanno osservato che, in pendenza di giudizio civile sulla risoluzione contrattuale in discussione, “… il parallelo contenzioso amministrativo contro lo stesso atto… non ha nessun effetto, poiché nessun vincolo può derivare dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 747-2017, che si è limitata a dichiarare l’improcedibilità dell’appello e con esso, sia pure implicitamente, del ricorso di primo grado…”, pertanto “ la risoluzione adottata … non può dispiegare alcun effetto escludente, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d. lgs. n. 50 del 2016, in quanto la risoluzione, impugnata davanti al giudice civile, è tuttora oggetto di contestazione in giudizio, con la conseguenza che tale risoluzione in nessun modo può ritenersi «confermata all’esito di un giudizio», come prevede o stesso art. 80 appena richiamato..”.
Nel definire l’appello incidentale poi, il Consiglio di Stato ha affrontato la questione dell’affermata necessità dell’esclusione della gara della controinteressata per via di un precedente accordo transattivo con altra stazione appaltante (la quale, secondo le argomentazioni dell’appellante incidentale, rientrerebbe tra quelle “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni.”, di cui alla lettera c) del quinto comma dell’articolo 80 del nuovo Codice dei Contratti pubblici), nonché quella dell’affermata necessità di esclusione dalla gara per via di precedenti risoluzioni contrattuali accertate con sentenze passate in giudicato.
Quanto alla prima questione, il Consiglio di Stato ha affermato che “..l’accordo transattivo … è di contenuto meramente patrimoniale e non può ritenersi che esso abbia dato luogo, propriamente, ad una «condanna» al risarcimento del danno o ad altre sanzioni … concetto, questo, di stretta interpretazione, proprio per le conseguenze espulsive che derivano dalla fattispecie tipizzata dal legislatore, e che per definizione presuppone una statuizione giudiziale condannatoria e non già un accordo transattivo (art. 1965 c.c.)..”.
Quanto alla seconda questione, il Supremo Consesso – ancora una volta richiamando la sentenza numero 2063 del 3 aprile 2018 della Quinta Sezione – ha chiarito che ai fini dell’integrazione della causa di esclusione di cui alla lettera c) del quinto comma dell’articolo 80 del decreto legislativo numero 50 del 2016, è necessario che le informazioni di cui si afferma la mancata dichiarazione risultino comunque inserite nel Casellario informatico dell’ANAC, poiché solo in relazione a queste può dirsi sussistente un obbligo dichiarativo ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento, come d’altronde chiarito dalla stessa ANAC al punto 4.6 delle Linee guida n. 6 adottate con Delibera 1293 del 16 novembre 2016.
Non rilevandosi alcuna iscrizione nel Casellario informatico dell’ANAC di dette risoluzioni contrattuali, non sussisteva a carico della società alcun obbligo dichiarativo delle stesse.